La Race direction punta sulla fortuna! Chi educa i ragazzini se gli adulti restano impuniti?

Mugello sicurezza

C’è un murales ancora fresco dedicato ad un ragazzo morto, tale Jason Dupasquier.
Scrivo “tale”, perché, ignoto al grande pubblco, è diventato subito uno di famiglia come accade quando ci sono quelle distrazie che uniscono. Adesivi, magliette, scritte sulle tute. Una gara.

Il Mugello ha pianto il suo primo morto dell’era moderna in una competizione internazionale, (in quelle amatoriali troppi ne sono scomparsi), e Dorna ha capitalizzato una “dolorosa fortuna”, quella che sia stata una morte inevitabile, assolutamente accidentale e non legata ad alcune carenza tecnico organizzativa. Questa volta.

Credetemi, brutto da dire, ma è una fortuna, perché, ammesso che ve ne sia uno, questo non è di certo un momento in cui ci si può permettere una tegola pubblicitaria e giudiziaria di qualche tipo.
E’andata male, sia chiaro, ma poteva anche esserci una tragedia comn degli strascichi legati ad una responsabilità.
E adesso via alla metabolizzazione del tutto.

Che uno sport motoristico sia capace di assorbire colpi di questo tipo, lo sappiamo già, ed è logico, ma che debba addirittura sfidare se stesso e la sorte aggiungendo ad una disgrazia anche ulteriore imperizia e incoscienza, è davvero troppo.

Un passo di lato: sappiate che è in discussione la cancellazione del warmup della domenica nelle classi junior, Moto2 e Moto3 (sono rumors concreti). Motivo: ci si fa male per la troppa foga. Il che è come astenersi dal sesso per non rimanere incinti. Ci sono altri sistemi. Però è per dire che un’anima attenta, seppur confusa, comunque a volte c’è.
Ma Torniamo al tema più attuale.

Nelle qualifiche della moto3 del Montmelo (e questo significa che non ha senso togliere il warmup come menzionato sopra), abbiamo assistito al solito balletto strategico, una via di mezzo tra un duello rusticano multiplo, una danza di corteggiamento fra insetti, e una specie di partita di calcio storico fiorentino negli ultimi secondi.
Un’evoluzione di strategia da qualifica che ha fatto addirittura il percorso inverso, passando dalla Moto3 alle classi senior, come se fossero gli adulti ad imparare dai ragazzi.
I piccoli vengono educati o si auto adattano per aggirare delle regole, e il loro modus contagia anche i grandi. Sempre più scie e sempre più attese anche in motogp. Tutto, ovviamente, molto pericoloso e disdicevole. Eppure non ancora vietato.
La race direction, che invece di essere l’arma più tagliente, nel caso di Dorna, è quella più spuntata, ha da anni come caratteristica evidente, quella di assomigliare ad una medusa in balia delle onde, che si basa tanto, troppo, sulla fortuna.
Un po’come un gruppo di dopolavoristi, aspetta che sia finito l’orario lavorativo, per prendere decisioni in merito agli eventi accaduti. Prevenzione, pianificazione? Pochi casi.
Quindi gli adulti in tema di comportamento in pista dovrebbero dare l’esempio, però non vengono puniti mai adeguatamente.
Si puniscono i Junior con minacce di bandiere nere, etc, dimenticando però due cose:

1) I ragazzini si adattano, nel bene e nel male, all’ambiente circostante e quindi fanno cose in base a quello che gli viene offerto e consentito.
2) Il sistema è gestito dagli adulti, e quindi la colpa è solo di questi ultimi. Capitecnici, team manager, sono bambini? I meccanici, sono bambini? Gli organizzatori? Non ci risulta.

Per quanto riguarda il punto uno, inutile lamentarsi dell’atteggiamento iperstrategico ed iperaggressivo, se invece di mettere a disposizione sessioni tranquille in cui “costruire” il tempo, si lanciano tutti i piloti dell’incubo della Q1.
Una volta si girava per minuti senza patemi, e ci si qualificava quando era il momento. Adesso già il primo giro è una guerra. Eppure si pretende che i ragazzi non facciano nulla per non farsi impallinare. Ma i piloti sono adulti mai cresciuti che guidano come bambini che non si sono mai fatti male.

Però non sono bambini. E non lo sono soprattutto quelli che corrono in MotoGP con la tuta aperta.
Tralasciando l’episodio specifico e il motivo per il quale si giunga a considerare rotta una zip che poi, in un momento successivo, si tira su come niente fosse, è opportuno “trattare il tema di come è stato trattato il tema”.
Un pilota viola tranquillamente il regolamento e viene punito ma… per un’altra cosa. Solo successivamente, con calma, si becca
una sanzione irrisoria perché persino l’ultimo degli amatori si chiede come mai sia consentito girare a 300kmh come se si fosse al mare.
A dormire, o forse con le bandiere nere/disco arancio dimenticate in Hotel, praticamente tutti. E quindi, tre secondi di sanzione un’ora dopo. Una cosa a caso invece di una bandiera precisa perché il punto 2.4.5.2 del regolamento, stabilisce il tipo di equipaggiamento del pilota e come deve essere utilizzato ma anche qual è la sanzione in caso di non conformità.

In sintesi, una settimana dopo un pilota morto, dopo essersi lamentati del comportamento di ragazzini e adulti che giocano con le scie perché, all’interno di un format di qualifiche sbagliato, non è stato ancora vietato, si consente che un rider di punta faccia gli ultimi giri di gara e duelli per il podio mezzo nudo.
Quartararo, che ha il diritto di sbagliare, non sta a cuore al suo team, che non lo ferma, non interessa ai commissari, che non segnalano nulla e non innesca la race direction, che ci mette una vita e gli dà la penalizzazione sbagliata nei modi e nei tempi peggiori possibili.
E poche ore dopo, invece di fare ammenda, cosa fa? Sgrida i ragazzini della moto 3 per le qualifiche del giorno prima. Così almeno fa vedere che ha a cuore qualcosa.

Le voci sagge ci sono ma i media, cosa scelgono?
Nell’indecisione, un po’ cavalcano la polemica, un po’ esaltano (per i click fa comodo), la figura del pilota “eroe”, del rider “old school” (si chiamano così quelli che morivano a mazzi perché non avevano scelta dal punto di vista tecnico e della sicurezza), del cavaliere “ggggiovane” che è un figo perché se ne sbatte e rischia la vita, come se fosse incluso nel contratto il fatto di morire da incoscente invece che per fatalità imprevedibile.

Del resto, se le poche voci sagge, anche da parte di ex piloti vengono soffocate nel “tanto si è ritirato” o “tanto dal divano non ci si gioca niente” e vengono loro preferite dichiarazioni ribelli, come si può crescere?

E se per anni scorrettezze quali spallate, calci e tagli di chicane, sono degenerati nel romantico-mitologico e hanno partorito trasmissioni, magliette, DVD celebrativi e se le rare squalifiche sono diventate complotti al grido di “non è uno sport per signorine” o “tanto non ci ha guadagnato”, cosa ci aspettiamo dai media? Niente. Tanto i giocnalisti non muoiono in pista.
Un adesivo in carena, un minuto di silenzio, un murales, sono ottime occasioni di pubblicizzare un romanticismo ed una unità che di fatto non esistono… e fare un bel servizio “giornalistico”.
Che però non è un bel servizio al motociclismo in generale.

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